Podio dei gesti non atletici più significativi delle recenti olimpiadi di Tokio 2020: non c’è un primo né un secondo né un terzo. Tutti primi al traguardo del mio cuore.

Sono state delle esaltanti olimpiadi per l’atletica leggera con tempi e misure talora mondiali in molte specialità. Non starò ad elencarli. Per noi italiani, abituati da tempo ad essere un po’ ai margini dell’atletica top, in un sol colpo, siamo saliti sul tetto del mondo nella velocità pura con Jacops autore di un 100 mt con tanto di record europeo e con una staffetta esemplare capace di mettere in fila fior di nazioni e campioni blasonati. Anche nella “cenerentola” marcia siamo stati egregiamente capifila. Perciò grazie Tokio: non so quando replicheremo tali performances per cui invito tutti a godere di questo momento davvero esaltante.

Oltre all’aspetto puramente tecnico (prestazioni e records) mi hanno colpito alcuni gesti non atletici che hanno accompagnato le gare: lo sport sa diventare spesso anche maestro di vita attraverso essi.

Di questi ne ho scelti tre, quel mitico numero di posti di cui è fatto il podio; oltre non c’è più’ gloria ma solo consolazione, rammarico e, spesso, delusione. Solo medaglie di legno in gergo.

Scelta sicuramente soggettiva magari criticabile (ma ci sta) che comunque vorrei provare a giustificare per il significato che assume.

Non sono in ordine di gradimento: li pongo idealmente su un unico gradino che è quello più alto così come sono raffigurati all’inizio del post.

Il primo è l’abbraccio tra i due vincitori, ex aequo, del salto in alto; tra l’altro credo sia la prima volta che si verifichi nella storia di questa specialità. Tamberi e Barshim hanno scelto di condividere l’oro in una competizione ufficiale fondata su precise gerarchie determinate da una serie di salti su quote via via più elevate con proclamazione di un vincitore, uno solo. In questo caso i due, perfettamente alla pari, dopo una serie di salti eseguiti senza errori hanno deciso di “accontentarsi” ed essere entrambi vincitori. L’atleta del Qatar dotato di una leggerezza e grazia nel superare le varie quote ha dichiarato “l’amicizia è più importante dei valori dello sport” (frase non testuale). Così i due, amici anche nella vita, si sono abbracciati dopo aver scelto di non continuare a saltare per festeggiare un oro particolare che ha però fatto strizzare il naso a qualche tecnico più orientato a salutare sempre  un vincitore.

Il secondo fotografa il nostro Stano, vincitore della 20 km di marcia, sulla linea del  traguardo inchinato davanti al secondo arrivato il giapponese   Koki Ikeda. E’ un grande gesto di rispetto nei confronti dell’avversario che si è battuto lungo il percorso per non farlo vincere ma a cui riconosce rispetto. Gesto da applauso

La terza immagine ritrae Timothy Cheruiyot, mezzofondista keniota campione mondiale dei 1500, a Doha nel 2019.Ha appena perso l’oro olimpico nella sua specialità ma ha la lucidità di compiere un gesto di affetto verso un altro grande mezzofondista e siepista norvegese, che l’ha battuto, Jakob Ingebrigtsen, tra l’altro recordman europeo dei 5000 con un tempo stratosferico di 12’48” 45, regalandogli  un braccialetto della tradizione keniana.

Mi fermo qui. Non voglio aggiungere parole che potrebbero essere lette come retoriche. Aggiungo solo un grazie grande come il monte Everest a questi campioni di sport ed umanità.   

(*)  PAROLA GIAPPONESE (Grazie) APPARSA SUL MONITOR DELLO STADIO ALLA FINE DELLA CERIMONIA DI CHIUSURA DEI GIOCHI di Tokio  2020.