L’atleta, filosofia di corsa, il suo stratosferico record nella maratona di Berlino 2018

Eliud Kipchoge conquista il record del mondo della maratona a Berlino nel settembre 2018 in 2 h 01’ 39”.

Premessa: è sempre problematico mettere a confronto record realizzati spesso in condizioni diverse (tipo di percorso, meteo, materiali usati ed altro imprecisato che definirei variabili ancora difficilmente valutabili). In questo caso il percorso della maratona di Berlino è lo stesso da anni, definito dai tecnici del settore “veloce e pianeggiante”. Da questo punto di vista possiamo stare tranquilli che il tempo record di Kipchoce rispetto al precedente di Kimetto è perfettamente paragonabile mentre le condizioni meteo 2018 erano ritenute ideali per cui si potrebbe affermare che il 16 settembre 2018 era presente “un imponderabile vantaggio competitivo nei confronti dei partecipanti alla maratona del 2017”.

Quali insegnamenti trarre?
Perché questo fantastico record non rimanga solo un tempo scolpito nella nostra memoria proverò, attraverso una sintesi delle rassegne stampe comprese quelle internazionali a capire come sia stato possibile realizzarlo e quali indicazioni possono essere trasferite su atleti normali o semplici runners che amano correre per il piacere di correre.
Aspetto tecnico: velocità al km 2’53”
Prima meta’gara = 61’06” Seconda metà = 60’ 33”

Una prestazione molto regolare con la seconda parte del percorso percorsa in minor tempo “Tutti mi dicevano che era folle passare a metà gara in 61′ – ha spiegato Kipchoge in conferenza stampa – ma io sentivo dentro di me che farlo non avrebbe precluso nulla e quindi ho deciso così. Poi ero allenato per correre la seconda parte più forte ed infatti l’ho fatta in 60’33” “.
Evidentemente Eliud è un atleta che crede nei propri mezzi e ne ha piena consapevolezza per cui imposta la sua corsa senza perdersi in inutili tattiche. Imposta sin dall’inizio un gran ritmo e lo mantiene sino alla linea finale. Questo atteggiamento mentale è a mio parere la base per realizzare grandi performances.

Renato Canova, un eccellente tecnico italiano, ha così commentato la performance di Eliud:
“a Berlino ha dimostrato prima di tutto che anche il recupero è importante. Ha dimostrato inoltre che una preparazione fisica sempre attiva permette di mantenere elasticità e di far crescere anche il proprio livello atletico.Tutto questo abbinato ad una grande preparazione mentale focalizzata su un obiettivo. Insegnerò ai nuovi atleti proprio questa logica. Eliud oggi ha aperto una nuova strada nella preparazione per tutti noi “. I suoi successi,12 maratone vinte sulle 13 partecipate, sono costruiti con un lavoro mentale incredibile che lo porta a concentrare le proprie energie su ogni singolo obiettivo e lavorare solo in funzione di quello con una sempre maggiore consapevolezza dei propri mezzi atletici.

Tre riflessioni tecniche:

  1. Kipchoge è stato l’impersonificazione di una regolarità quasi perfetta: la frazione di 5 km più lenta l’ha corsa in 14’37” mentre quella più veloce in 14’18”. Si può affermare che più si riesce ad essere regolari e più si va veloci.
  2. Kipchoge si è fatto passare la borraccia 13 volte confermando che assumere integratori con regolarità diventa un fattore di sicuro miglioramento della prestazione finale.
  3. Sono 15 anni che gareggia ai massimi livelli ed il suo costante anelito è stato quello di migliorarsi in continuazione superando sempre se stesso «Quando mi alleno, cerco di sentire il mio corpo e di dare sempre di più. Non credo nei limiti.»

Stile di vita di questo immenso campione

Secondo un articolo del New York Time del settembre 2018 Eliud conduce una vita “semplice, senza eccessi” e molto regolare: si alza al mattino alle 5 per andare a correre. Vive ad Eldoret (Kenya) con moglie e tre figli, divide il suo tempo tra famiglia ed i luoghi di allenamento posti ad oltre 2000 metri di altezza. E’ molto preciso nel registrare i propri allenamenti e si dice che abbia accumulato 15 quaderni di appunti in questi ultimi anni di attività. Nella conferenza stampa prima della maratona ha addirittura affermato di praticare la meditazione senza precisare cosa intendesse, probabilmente si riferiva ad uno stile di vita molto basico connotato da elementi morali e/o spirituali riconoscendosi nella formula:

Disciplina + motivazione = consistency che ho tradotto con “continuità”.

Significative alcune sue affermazioni “Solo le persone disciplinate sono libere nella vita mentre quelle indisciplinate sono schiave dei loro umori e passioni “: è inoltre un accanito lettore ed i suoi testi variano da Aristotele, a biografie di sportivi nonché manuali di autoapprendimento. Ha l’abitudine di sorridere quando sopraggiunge il dolore che interpreta come “un’ attitudine mentale”; si distrae da esso con altri pensieri, con la gioia di correre pensando alla linea finale della competizione. In questo modo il dolore si attenua, caratteristiche dei suoi allenamenti e filosofia di corsa.

Il suo impegno negli allenamenti sia su pista che in quelli più lunghi in mezzo alla natura della sua terra non supera mai l’80% /90% mentre in gara da il 100% com’è ovvio. Il suo commento a questo suo comportamento è molto significativo: “Voglio correre con una mente rilassata. In gara cerco di ottenere il miglior tempo e se arriva il record lo apprezzo anche se lo considero il mio miglior tempo”. Consiglia di “Lavorar duro, seguire quanto viene richiesto, fissando le priorità; in questo modo si potranno raggiungere gli scopi previsti senza scorciatoie che non permettono alla persone di essere libere”.

“L’allenamento è importante ma la passione è fondamentale. Dovete credere fortemente in voi e pensare di poterci riuscire. Questa è la magia per la maratona.”

ALLENAMENTI

Il metodo della doppia uscita Nei giorni in cui non sono programmati lavori particolari, chiamiamoli di scarico o di recupero, Eliud effettua due sedute di corsa. La più lunga, quella del mattino, prevede una corsa fra i 18 ed i 21 chilometri di fondo lento con partenza addirittura a quasi a 6 minuti al chilometro e poi una costante e leggera progressione. Non finendo però mai più forte di 3 minuti e 30 secondi al chilometro. La corsa del pomeriggio non è mai più lunga di 10/11 chilometri, a ritmi da 4 minuti al chilometro: a più o meno come quando una fuoriserie innesta la seconda marcia.

Quanto corre in una settimana? Il suo chilometraggio settimanale, frutto di 11 allenamenti, oscilla quasi sempre fra i 180 ed i 200 chilometri. Le uscite lunghe, che vengono chiamate “Tempo Run”(1), non superano mai i 40 chilometri e vengono effettuate come lavoro organico non esasperato, con proiezioni finali sulla distanza completa di maratona comprese fra le 2 ore e 19 e le 2 ore e 20 minuti. Vale a dire a ritmi intorno ai 3 minuti e venti secondi al chilometro, che per uno che fa la maratona sotto i 3 minuti al chilometro vuol dire correre al ritmo di un fondo medio non certo esasperato.

(1) Sul termine tempo run ci sono opinioni diverse. Nello specifico preferirei definirle uscite di “Lungo lento” (percorrere lunghe distanze a ritmi piuttosto lenti o moderatamente lenti).

Super sintesi del tecnico Giorgio Rondelli

“Affronta la maratona con 4 grandi frazioni di 10.000 metri. Quindi grande qualità negli allenamenti, a scapito di minore quantità nei chilometraggi complessivi e più giorni di recupero fra una seduta di qualità e quella successiva, sempre effettuati a ritmi molto bassi per eliminare le scorie di lattato in circolo e reintegrare, anche con un’alimentazione ben calibrata, le scorte di glicogeno muscolare ed epatico.”

Struttura fisica, ruolo dell’allenatore

Misura circa 1,70 e pesa 52 kg: un corpo adatto per prestazioni cardiovascolari di livello senza un grammo di peso in eccesso; ha 33 anni e l’aspetto di una saggia persona anziana. Ha formato la sua base atletica da giovanissimo andando a scuola a piedi tutti i santi giorni e ritornando a casa a passo di corsa. Possiede un meccanismo di corsa molto efficiente con le spalle che raramente oscillano. Orlando Pizzolato, commentando il record sul suo blog, dichiara “Il keniano è stato davvero impressionante: quel che più mi ha colpito è stata la sua efficienza meccanica. Un corridore perfetto: massima efficienza elastica, nessuna dispersione e spinte efficaci. Kipchoge è il modello di corsa da perseguire: ogni podista dovrebbe interiorizzare il suo modo di correre, e passarlo a mente fino a che non diventa un automatismo”. E’ seguito dal 2001 quando aveva 16 anni da Patrick Sang una rispettabile figura della sua regione che vinse una medaglia di argento nei 3000 siepi alle olimpiadi.
Ha una grande stima del suo coach: ”se non lo avessi incontrato la mia vita sarebbe stata diversa”.

Considerazioni di Orlando – Corriere della sera

Il piano allenamenti antecedente Berlino 2018

“La settimana tipo di Kipchoge, nel mese precedente la gara, prevedeva infatti 10 sedute di allenamento, di cui solo due ad un’intensità tale da stimolare la potenza aerobica, cioè quella capacità di correre ad un ritmo in cui nei muscoli inizia a formarsi acido lattico. Per fare un esempio, 20 giorni prima di Berlino il campione keniano ha corso una seduta di 15 ripetute sui 1.000 metri alla media di 2’46” con meno di 2’ di recupero tra una frazione e l’altra. Questo allenamento è stato sostenuto sugli altipiani della Rift Valley, a 2.200 metri di quota, d’accordo; ma la velocità media delle prove è stata appena di un 4% inferiore rispetto al ritmo con cui Kipchoge è riuscito a correre poi la gara di 42 km.“

Cosa imparare

“Per rispettare le stesse proporzioni, un amatore in grado di correre la maratona in poco più di 3h30’ (ovvero ad una media di circa 5’00” al km), e si allenasse fino a 5 volte la settimana, dovrebbe dedicare non più di una seduta a lavori intervallati (il 20% del totale), senza però superare i 4’48” al km, cioè quella velocità del 4% più veloce rispetto a quella di gara. Chi invece ha un personale di circa 4h00’ sempre sulla maratona (5’41”di media), e si allena non più di 3 volte a settimana, dovrebbe effettuare una seduta di ripetute ogni due settimane senza mai scendere sotto il ritmo di 5’28” al km.”

Mia aggiunta: senza copiare questo 4% si potrebbe pensare di abbassarlo ancora per un normale runner con ripetute effettuate al ritmo gara o anche aggiungendo qualche secondo in più. Che ne dite?

Gli esempi

Questi esempi molto schematici ripropongono la validità di un metodo di allenamento molto in voga negli anni Settanta del secolo scorso, ovvero il metodo Van Aaken, dal nome del medico e allenatore tedesco che lo presentò ad un congresso tenuto a Duisburg nel 1964. L’idea di fondo di Ernst van Aaken era che un allenamento fatto a ritmi troppo sostenuti fosse controproducente per l’organismo, e che invece si potessero raggiungere i massimi benefici solo correndo senza andare in debito di ossigeno, con la tecnica di corsa che lui chiamava in steady state, cioè in equilibrio. In altre parole, una corsa che privilegiasse più i volumi (i km percorsi) che non la velocità, allenando principalmente la resistenza aerobica, e solo in misura limitata la capacità aerobica, cioè quella capacità di correre a lungo forte senza accumulare acido lattico (anche quando si fanno ripetute e variazioni di ritmo). Un principio di cui si dovrebbero ricordare anche i podisti che hanno l’ambizione di migliorare le proprie prestazioni per partecipare a qualche gara. Tenendo sempre bene a mente che anche il primatista del mondo sulla maratona impiega il 70% del suo tempo di allenamento con sedute di corsa lenta o media. E non disdegna di cominciare le sue corse in allenamento al ritmo di 6’ al km.

Conclusioni: da tutto questo materiale che spero abbia contribuito a far conoscere meglio Eliud ne esce, ancora una volta, rafforzata la mia personale impostazione sulla filosofia da adottare negli allenamenti per distanze che spaziano dal mezzofondo alla maratona che si riassumono in tre punti:

  1. Curare in primis l’aspetto mentale con appropriate tecniche.
  2. Evitare di spremersi negli allenamenti ma piuttosto privilegiare, come norma, andature sostenibili e non stressanti. Fatte le dovute proporzioni se uno come Eliud nelle ripetute viaggia al km ad una velocità inferiore al 4% del tempo gara vorrà pur dire qualcosa. Così come devono far riflettere quei 6 minuti al chilometro con cui inizia certi suoi allenamenti nei giorni di scarico.
  3. Allenamenti impegnativi e gare vanno sempre seguiti da cospicui recuperi per far rifiatare la mente ed il fisico. Questa regola sembra venga adottata da Eliud che, infatti; non corre mai più di due maratone l’anno.

Come sempre: così è se vi pare.


Per documentarmi ho attinto al New York Time; Repubblica, Il Corriere della sera che ringrazio.