Nell’inserto de La Stampa di Torino (Tuttoscienze del 31 Luglio 2013) viene presentata una sintesi di uno studio effettuato da certo Rasmus O Nielsen, medico ricercatore al dipartimento di salute e scienze sportive della Aarhus University (Danimarca), pubblicato anche sul British Journal of Sports.
Quale la novità contenuta?

La scelta della scarpa giusta cioè quella che annullerebbe in tutto od in parte la pronazione o la supinazione rendendo più stabile il piede nella fase di appoggio e spinta non inciderebbe in modo determinante nell’evitare possibili infortuni durante la corsa.
La ricerca ha basi statistiche di tutto rispetto: 927 runners novizi di età compresa tra i 18 ed i 65 anni sono stati testati per un anno registrando 326.000 km di percorrenza. Ben 300 casi di infortunio registrati (tanti a mia sensazione considerato che i principianti non tengono andature elevate né effettuano lavori atletici usuranti ed al
limite).
Contrariamente a quanto si sarebbe potuto supporre i runners supinatori o pronatori non hanno fatto registrare un tasso di infortunio più elevato di chi era un runner neutro cioè non affetto da difetti d’andatura. Anzi, chi presentava un appoggio neutro con nelle gambe oltre 600 km faceva registrare, seppur di poco, un numero maggiore di infortuni. In sostanza, e qui cito direttamente l’articolo in questione, “ i gradi apparentemente devianti di pronazione potrebbero non essere così anormali e non contribuire agli infortuni”.
Nella conclusione dello studio il Dr Rasmus O Nielsen si spingerebbe ad affermare che non sarebbe tanto importante prestare attenzione alla scarpa nel prevenire gli infortuni quanto badare ad una serie di altri fattori quali età, indice di massa corporea, grado di allenamenti e lesioni precedenti. Ciò sarebbe in linea con una
serie di altri studi (non citati per la verità) che avrebbero dimostrato che scegliere le scarpe da corsa in base al proprio grado di pronazione non è poi così utile ad evitare infiammazioni e stiramenti (o allungamenti aggiungo io) purtroppo frequenti in uno sport come la corsa caratterizzato da sollecitazioni continue sui tendini ed articolazioni. Certo questo studio colpisce per l’enorme mole di dati, commenta Luca Ardigò ricercatore di metodi e didattiche delle attività sportive all’Università di Verona. “Per anni ci si è preoccupati sin troppo di calzature, calze e abbigliamento quando le cause di ogni infortunio nell’ambito della corsa sono molteplici e non possono non essere collegate alla condizione fisica del corridore, al peso corporeo, all’età, alle aspettative di risultato e, naturalmente, al risultato sportivo “effettivo”.

Che dire? Disponendo solo di stralci dello studio, della metodologia relativa al rilevamento dati è difficile poter esprimere compiutamente un parere sul medesimo. Al di là di ciò va detto che attualmente la gamma di offerta di scarpe tecniche presenta una serie impressionante di opzioni rendendo difficile orientarsi nel scegliere la
scarpa giusta senza farsi “spennare economicamente” o “suggestionare dal marketing”. Ogni podista, prima o poi, rischia di cadere nella trappola psicologica di credere che indossando una certa scarpa, soprattutto costosa e dalle vantate caratteristiche tecniche, possa aumentare le proprie prestazioni. Non è esattamente così ma il
marketing delle varie marche lavora con fantasia per farlo credere.
Diverso è il discorso per le scarpe adatte a chi presenta elevati livelli di pronazione o supinazione. Se infatti è vero che livelli naturali, cioè non fuori dalla norma, non richiedono scarpe specialistiche, almeno così affermano gli esperti, è indubbio che livelli elevati di pronazione e supinazione dovrebbero richiedere idonee calzature per rendere più stabile il piede oltre a valutare l’opportunità d’indossare plantari
adeguati. Certo regole precise non possono essere enunciate: occorrerà la valutazione di medici specialisti ortopedici per consigliare l’intervento personalizzato. Se poi l’adozione di questi supporti sia in grado di prevenire infortuni non ne sono certo : la ricerca dimostrerebbe il contrario per cui dovremmo tirare la conclusione che
è indifferente indossare un certo tipo di scarpe e rivolgere l’attenzione ad altri fattori quali quelli indicati.
Un’ultima notazione: quando negli anni sessanta ho preso contatto con il mondo podistico non esistevano scarpe specialistiche come siamo abituati a vedere oggi salvo le chiodate che servivano per le campestri e la pista . Si correva con le cosiddette scarpe da tennis e taluni, ancora più “sfigati”, come si direbbe oggi, indossavano normali scarpe da passeggio. Gli infortuni erano cosa veramente rara e si verificavano soprattutto tra i velocisti con strappi e stiramenti.
Evidentemente il diffondersi del podismo ad un numero sempre maggiore di persone ha, di conseguenza, aumentato il numero degli infortuni a dispetto di scarpe sempre più tecniche e ben costruite per ammortizzare i mini-traumi del correre.