Franco Faggiani

Correre è un po’ come volare, questo il titolo del libro intervista curato da Franco
Faggiani, sicuramente un bravo giornalista perché con una serie impressionante di
domande è riuscito a “far parlare” un certo Marco Olmo ultramaratoneta di rango
Dopo averlo letto posso dire che la fatica di Faggiani è stata premiata. Ne è uscito un ritratto a “tutto tondo” di un atleta davvero eccezionale per le straordinarie performances ottenute, e qui risiede l’eccezionalità, ad una età non più verde per
non dire di piena maturità. Un uomo che ha incontrato la corsa dopo essersi
cimentato anche in altri sport, seppur per diletto, compreso lo sci da fondo, all’età
di 27 anni quando qualche altro suo coetaneo, dopo contatti non sporadici con
l’agonismo, appendeva le scarpette da corsa al chiodo.
Un atleta maturato lentamente con il tempo come ,silenziosamente diventano
buoni i vini nelle botti di legno del piemonte regione a cui appartiene, la Val
Vermenagna, dove vive e a cui è molto legato fisicamente e mentalmente. Dotato, ancora oggi, di un fisico asciutto (1,81 cm di altezza per 66 Kg), con un cuore che batte ai minimi, pressione sanguigna quasi sotto i piedi, valori dell’emoglobina tendenti verso il basso, vegetariano e proveniente “dal mondo dei vinti”, secondo un’efficace espressione dello scrittore Nuto Revelli suo conterraneo. Un rappresentante di quelle tante persone che per campare han dovuto sempre tirare una pesante carretta. Corre, e lo dichiara apertamente, per rifarsi, per andare a cercarsi qualche zuccherino dopo anni di vita difficile e tribolata.
Figlio di un agricoltore è vissuto per anni senza i comforts, ormai scontati dell’era
moderna, abituato a bere l’acqua di fonte, munito di manualità contadina in
grado, quindi, di coltivare un orto, far legna e altri lavori legati alla terra.
Ex operario di un cementificio costruito proprio nei pressi dove era cresciuto,
costretto all’immobilità per tante ore al giorno a causa del lavoro di manovratore di
macchine scavatrici a cui era addetto, scopre la corsa per non fermarsi più
andandosi a cercare le corse più impegnative, massacranti, estreme che esistevano sulla faccia della terra affermandosi, terminandole con ottimi piazzamenti o ritirandosi (capita anche ai miti anche se lui non si sente tale), solo quando i guai fisici lo sovrastano in modo traumatico come nel 2009 nell’ultrail del Bianco altrimenti rimane in gara per rispetto degli organizzatori e degli avversari.
Da giovane non avrebbe mai pensato di ritrovarsi alla sua attuale età a girare il
mondo correndo o fare il girotondo intorno al Monte Bianco vincendo addirittura
due edizioni consecutive (2007 e 2008) dell’ultratrail omonimo: quasi 160 km di
lunghezza e 9000 metri di dislivello complessivi.
Dalla lettura emerge un personaggio schietto e genuino: le risposte alle
sollecitazioni dell’intervistatore sono sempre a tono, precise e senza fronzoli;
impossibile fraintenderlo o cercare contraddizioni nel discorso.
Si delinea così pagina dopo pagina, con chiarezza, la figura di un atleta oramai
navigato capace di leggersi alla perfezione, “so sempre sin dove posso arrivare
usando solo il cervello”, che ammette di non aver mai avuto doti di sprinter ,né di
essere un corridore bello da vedersi in azione ironizzando,addirittura, sulla propria
andatura. Conosce bene i propri punti di forza affermando che le gare di
montagna si vincono buttandosi in discesa a rotta di collo contando su quadricipiti
ben sviluppati (posso confermare la veridicità di questa affermazione in quanto
nelle poche gare di montagna da me disputate, compresa quella del monte
Chaberton, 3130 metri, sono sempre stato superato in discesa da questi
specialisti, veri camosci volanti.) E’ conscio di quanto sia esigua la linea di
separazione tra stato euforico e abbattimento, e, come tali contrastanti momenti
psicologici accompagnino sempre un atleta durante le gare, specie quelle più
lunghe. In gara teme solo sé stesso ed il percorso per via delle mutevoli condizioni
climatiche. Non ama le gare a tappe perché è meglio giocarsi tutto in un giorno e
nemmeno i percorsi da ripetere all’infinito.
L’asfalto non è proprio il fondo preferito abituato, com’è, a correre tra le montagne o in mezzo alla natura su terreni sterrati. Non perde troppo tempo a costruirsi strategie di gara perché vengono azzerate dalle condizioni agonistiche che si creano dopo il classico sparo alla partenza o dalle condizioni atmosferiche che si incontreranno lungo il percorso.
Partecipa, a 61 anni, ai campionati mondiali ultratrail, in Francia, 68 chilometri,
regalandosi un 14esimo posto.
Cura con attenzione e pignoleria i dettagli del materiale di corsa cercando la qualità
e la leggerezza a partire dalla maglietta: la preferisce confezionata con un tessuto
particolare, il dryarn, una microfibra leggera, isolante, traspirante oltreché
riciclabile. Anche i calzini hanno caratteristiche particolari composti da sette fibre
così come le scarpe scelte tra le molte marche in commercio orientandosi verso
quelle in cui si sente realmente a proprio agio possibilmente con un numero in più
preferendo sempre quelle più leggere. Gli zainetti in commercio, invece, non lo
soddisfano appieno per cui provvede ad effettuare personalmente delle funzionali
modifiche…
Tra i principali valori a cui si ispira, direi inalienabili, c’è la casa, punto di
riferimento da tornarci appena possibile dopo le competizioni per ricaricarsi, per
pensare a possibili nuove sfide anche se la vera sfida è quella verso sé stesso ed è
quella che ,sicuramente lo attira di più. Non in secondo ordine c’è la sua ombra, la
sua Renata: sa capirlo e leggerlo come nessun altro dopo 30 anni di matrimonio,
sa incoraggiarlo nei momenti clou delle competizioni e non solo, gli compra le
barrette energetiche, lo segue ovunque.
Altri valori gli fanno da contorno: certamente il rispetto per l’ambiente (non si è
mai permesso di gettare alcun rifiuto in montagna) e per gli avversari che attua
attendendo, anche ore, sulla linea d’arrivo l’ultimo dei concorrenti, l’essenzialità. L’allenamento giornaliero è, invece, il suo vero compagno ed è svolto quasi
sempre in solitaria con una dose minima di due ore. Per i cosiddetti lunghi sono, invece, previste 5/6 ore al giorno e, nei periodi pre-gara, 7/8, anche di notte.
Pieni di buon senso sono i consigli dispensati durante l’intervista per chi vuol
avvicinarsi alla corsa, alle corse estreme: cominciare per gradi tenendo un ritmo
sostenibile, respirare in modo profondo, essere regolari negli allenamenti, tenere
sempre nel proprio serbatoio qualche goccia d’energia di riserva, soprattutto in
gara, allenare sia fisico e mente con la stessa intensità e poi correre, correre
e, ancora, correre.
Infine l’invito, quasi a sorpresa, a ricercare la qualità nella corsa sviluppando
maggiore agilità, curando lo stile. Evidentemente è cosciente di quanti vede correre
scompostamente e trascinarsi, in modo faticoso, all’arrivo.
E poi ancora sprazzi di vera umanità quando parla della sua paura, di quando si
presenta per l’ennesima volta alla linea di partenza chiedendosi: sarà l’ultima gara
a cui partecipo? Evidentemente sente dentro di sé l’avanzare dell’età, comincia a
fare i conti con un fisico sempre eccezionale ma più vulnerabile ed un po’ usurato
da tante fatiche, intravede una porzione sempre minore di gare a cui poter
partecipare.
Questi sono i tratti che più mi sono rimasti impressi dopo aver letto il libro di
questo atleta vincitore, tra l’altro, di sei edizioni della Cromagnon (si disputa su un
percorso da Limone Piemonte a Cap d’Ail in Francia), gran corridore e autodidatta.
Non esito a definirlo un guerriero della notte perché Marco, come racconta, ha
davvero attraversato tante notti correndo al buio certamente lottando contro
stanchezza, scoramento, solitudine trovando le prime luci dell’alba ad attenderlo
spesso vincitore così come nella sua esistenza ha attraversato il buio della vita
grama per gustare, finalmente forse per un compenso carmico, quelle meritate
soddisfazioni in campo sportivo qui sinteticamente accennate.


P.S. La lettura del libro è comunque da integrare con la visone del documentario Il
Corridore realizzato da Paolo Casalis e Stefano Scarafia.
Per saperne di più e approfondire: www.marcoolmo.it
Per acquistarlo on-line: www.lulu.com