Pupetta Greco

Di libri sulla corsa ne ho letti veramente tanti sia italiani che esteri: non avevo però mai letto un libro scritto dalla moglie di un runner che, per di più non ha mai corso. Ora è accaduto.
“Credo che questo libro si possa definire senza paura di sbagliare un dono di Pupetta a suo marito: un grande dono che suggella un rapporto di coppia intenso, profondo nonché splendido ancor più vivificato dall’accostarsi, seppur in modi diversi, alla corsa.
Il suo valore non si può certo misurare dal pur cospicuo numero di pagine che lo compongono frutto di un certosino lavoro, dalle esilaranti ballate in romanesco, dagli originali colloqui che coinvolgono essenziali parti del corpo, dall’ inaspettato dialogo tra il Colosseo ed un modesto e qualsiasi sampietrino, dalle descrizioni minuziose di scorci delle città sedi di Maratone, dagli essenziali quanto efficaci riferimenti storici delle medesime.
Ciò che regge l’intera intelaiatura della narrazione è, soprattutto, la storia sincera, scritta a cuore aperto, della profonda trasformazione che coinvolge sia il protagonista che la narratrice. Non da oggi vado sostenendo che la corsa di resistenza possa costituire un formidabile, peculiare e lento processo di trasformazione dell’individuo che la pratica sino al punto di portarlo a vivere in questo spicchio d’universo con altro entusiasmo, ottimismo e serenità interiori con conseguenti e tangibili benefici psichici e fisici.
Qui, però, assistiamo ad un effetto “onda”, al contagio che l’entusiasta e prorompente attore principale, “nobile Golden Lion”, trasmette alla sua compagna di vita attraverso quell’invisibile quanto robusto legame d’amore che li unisce da anni. L’essenza dello scritto è proprio costituita da questa interazione spirituale nonché fisica che si sviluppa tra l’oscuro divoratore di chilometri e la sempre presente Pupetta. Il culmine di questo speciale “transfert” si può cogliere, tangibilmente, alla 6 ore di Spoleto: la spettatrice delle imprese del “suo campione”, la “ Penelope” capace di lunghe seppur intelligenti attese nei pressi degli arrivi delle maratone scende fisicamente nell’arena podistica e macina, seppur non correndo, un bel po’ di chilometri per stargli accanto e condividere, a suo modo, una prova dal sapore decisamente impegnativo seppur incastonata in un impareggiabile contesto architettonico. Questa condivisione “a tutto tondo” è forse l’episodio che più mi ha colpito facendomi commuovere e gioire insieme per un atto tanto coinvolgente.
Il suo riferimento è, come si può intuire, un campione molto lontano dall’immagine dei “top runners” spesso professionisti retribuiti della falcata, in grado d’incarnare con spontaneità quell’ideale decoubertiano incentrato sull’importanza di partecipare, di esserci nelle competizioni, di calcare la scena podistica con il sorriso sulle labbra per sentirsi migliore come uomo e migliorarsi come corridore. Un campione genuino di volontà, pieno d’entusiasmo, di comunicativa, un puro con la Passione nel cuore che ha trasformato un fisico discretamente ingombrante con ferrea dieta e serio allenamento, che non trae solo forza propulsiva dagli indispensabili metabolismi aerobici e anaerobici ma “nutrendosi” di quelle energie latenti e impercettibili che prendono il nome di sorrisi ed incoraggiamenti di chi lo sostiene e lo stimola durante allenamenti e gare senza dimenticare il consolidato rapporto d’amicizia che lo lega all’ inseparabile amico Gianfranco.
Da questo suo modo di essere e vivere il podismo di “lunga gittata” oltre “la mezza età” nasce una minimale seppur significativa considerazione. Un runner non è solo il prodotto della sua pazienza, perseveranza e forza di volontà nel sostenere la propria passione: è, altresi’, il portato dell’ambiente sociale che lo circonda in primis quello famigliare e societario.
Il merito dell’autrice è proprio quello di aver saputo cogliere lungo i vari “chilometri” del suo scritto ciò che circonda e forgia un corridore, seppur amatoriale, con notazioni finali sul mondo podistico particolarmente azzeccate anche se osservate con gli occhi, parziali, della positività. Una scelta che non poteva essere diversa in un
racconto che trasuda amore quasi ad ogni pagina e che ritengo sia il frutto di una lodevole scelta di vita.
Indubbiamente un libro da gustare con calma, da partecipare facendosi coinvolgere ed adatto, soprattutto, a chi, forse a torto, pensa di non avere quelle “necessarie” caratteristiche psicofisiche per correre. La corsa non considera nessuno come “figli di un Dio minore”: li accoglie tutti con generosità e magnanimità anche quelli con poca arte podistica con la speranza che qualcuno, un giorno, evolvendosi possa correre addirittura più veloce del vento. Tutti, è sempre la Corsa a dirlo, siano essi lettori podisti o “in fieri” non venga in mente di mettere in soffitta i propri sogni perché, come chiosa nel finale.
Pupetta, essi “hanno le gambe lunghe per portarci lontano”.