Manuel Bortuzzo – Rizzoli

Chi legge ha una chiara idea di quanto rappresentino in lunghezza dodici millimetri? Uno spazio difficile da immaginare ma nel caso di Manuel sono stati essenziali per la sua miracolosa salvezza. Infatti, come Lui scrive, “se quel proiettile mi avesse colpito 12 millimetri più in basso, avrebbe beccato l’arteria addominale” con conseguenze mortali. Lui, fino a quella dannata sera, viveva un momento quasi magico di promettente nuotatore fondista forse in odore di olimpiadi, quelle che si svolgeranno a Tokio quest’anno. Un balordo, insieme ad un altro suo simile, gli ha sparato per sbaglio mentre, di sera, era n compagnia della sua ragazza in un quartiere di Roma. Era il 2 Febbraio 2019.

Il suo commento al tragico episodio è piuttosto lucido “Come in una gara bastano 12 millesimi per mandarti alle Olimpiadi, quella notte i dodici millimetri hanno fatto la differenza tra esserci e non esserci”. Lui c’è veramente e con la tempra non comune e la testa d’atleta di cui dispone decide di scrivere un libro significativo: “Rinascere. L’anno in cui ho ricominciato a vivere”.

E’ la reazione di Manuel all’evento, quella di un vero sportivo indirizzata non più a ricercare records in piscina, provare a entrare in nazionale bensì quello di virare verso un obiettivo di “un faticoso percorso di riabilitazione” per continuare un’evoluzione personale che, sicuramente, avrebbe voluto diversa. Lui un ragazzo normale con la passione per le motociclette che sogna, riuscendovi, di approdare alla Capitale sotto la guida di un quotato allenatore e vivere lontano dal suo paese in un appartamento che divide con altri tre ragazzi, nuotatori come lui. Poi il ritorno a casa per una mononucleosi vissuto con grande rammarico.
Dopo pochi mesi riesce ad approdare al Centro Federale di Ostia a contatto con atleti del calibro di Dotti e Paltrinieri.

Quando tutto sembrava averlo portato là dove si collocavano le sue aspettative è vittima del tragico sparo, del successivo ricovero in ospedale dove ha addirittura rischiato di non farcela.
Dopo due settimane, però, con un recupero sorprendente, viene trasferito alla Fondazione Santa Lucia. Lì inizia la ricostruzione fisica e mentale vista come momenti di una gara particolare costituita da lenti e continui progressi sino a riuscire a sedersi autonomamente sulla carrozzina. In mente ha impresso il responso di un primario di neurologia di Milano che proprio suo padre gli comunica: avrebbe potuto tornare a camminare lavorando tantissimo. E’ una nuova prospettiva sicuramente motivante che alimentata dalla pazienza, disciplina e sacrificio doti ereditate dalla pratica natatoria gli permettono di avviarsi ad una nuova vita, seppur completamente diversa da quella sin qui vissuta. In più è presente un’altra speranza che potrebbe col tempo tradursi in certezza perché il midollo che lui definisce come “viadotto” che unisce gambe e cervello “presenta un lembo seppur labile che col tempo potrebbe essere usato per ristabilire quell’essenziale contatto ora interrotto.

Con mente volitiva frequenta con regolarità la palestra per potenziare la parte superiore del corpo. Fa progressi incredibili sino a muoversi con il girello sino a giungere a stare in piedi senza tutori. Il suo è un racconto ricco di insegnamenti. Pur con un corpo menomato manifesta una ferrea volontà: non si arrende alle circostanze e si avvia, con decisione, verso nuovi e impegnativi obiettivi riabilitativi che vengono perseguiti con puntualità. Un’esperienza che l’ha scavato dentro senza intaccare i valori fondanti la sua vita, senza scrivere una parola d’odio o di disprezzo verso chi gli ha cambiato la vita.

Gli giunga il mio più grande augurio di realizzare quanto spera. Soprattutto di tornare in acqua ed attaccare nuovi records. Forza Manuel: puoi farcela.