Tiziano Terzani – Folco Terzani Editore

In genere per Natale, Befana e compleanno che segue, immediatamente, a ruota ricevo un bel po’ di volumi in regalo. ”I miei polli”, famigliari e amici, conoscono quali sono i miei interessi e si sbizzarriscono, con fantasia, a cercare libri sperando di farmi contento.
Anche quest’anno la regola è stata rispettata e l’indice di contentezza è stato ancora una volta elevato avendone ricevuti un bel po’, tutti di qualità. Tra questi vorrei segnalarne uno, quello del titolo di questo post, ricco più di immagini che di parole e dotate, quasi a sorpresa, di una qualità rara: la leggerezza che avvolge e invade senza sopraffarti, senza imporsi, quasi in punta di piedi.
Tiziano Terziani ne è l’autore postumo. Nasce a Firenze nel 1938 e per trent’anni dal 1972 al 2004 vive in estremo oriente con la moglie Angela e i figli Saskia e Folco; per mestiere fa il corrispondente per il settimanale tedesco Der Spiegel e collabora inoltre per l’Espresso, La Repubblica, Corriere della Sera. Scrive libri e, soprattutto, scatta per trent’anni foto in bianco e nero perché per Lui “la fotografia era una storia, non un’indirizzo a cui recarsi con delle macchine sofisticate ed i filtri giusti. Una storia vuol dire leggere, studiare, prepararsi” sino a riuscire a realizzare la grande foto che è “l’immagine di un’idea”.
Così foto dopo foto finisce per creare un immenso archivio fotografico da cui ll figlio Folco ha tratto le immagini di questo bel volume in grado di documentare un significativo pezzo di mondo cogliendo momenti visivi non banali di popoli e nazioni. Si, perché Terzani ha viaggiato in lungo ed in largo, assetato com’era di conoscenza andava parallelamente, alla ricerca di un senso da dare alla propria vita rincorrendo tenacemente ciò che non conosceva, l'”altro”, inseguendo idee, uomini, storie di cui aveva letto. Tocca dapprima il Vietnam appena reduce da una sanguinosa guerra per recarsi successivamente in Cina, Tibet, Giappone, Unione Sovietica, Asia, Mustang, India, Himalaya: quasi un giro del mondo anche se il vero viaggio che compie sarà quello dentro a se stesso come si evince dagli scarni ma riflessivi testi ricavati con oculatezza dai suoi libri che accompagnano i tanti scatti di un mondo che “non esiste più”.
Oggi infatti la globalizzazione sembra aver ancor più inghiottito buona parte del l’antica saggezza delle genti, di culture stratificate nelle coscienze nel corso di lunghi secoli ed è proprio per questo motivo che queste foto hanno il pregio di mostrarci reperti di un mondo antico anche se ricco di contraddizioni e, spesso, di miseria per riflettere su quella che è la nostra attuale evoluzione.
Nelle tante immagini di questi mondi che, forse, non esistono più, spunta anche qualche scatto attento a cogliere una modernità appena abbozzata, incipiente dei paesi d’oriente culla di tanti saperi da cui nascono allora, pacate seppur efficaci notazioni come questa: “queste società moderne non si possono valutare solo sulla base dell’efficienza della loro struttura economica, ma dal tipo di uomo che producono e dal tipo di vita che gli fanno fare.“
Da considerare anche la riflessione del re del Mustang, un luogo oggetto di meta di
pellegrini che si misero in cammino alla ricerca di questa terra segreta tra le vette
dell’Himalaya: “Io non sono contrario allo sviluppo, se migliora la vita. Ma se la
distrugge?”.
Insomma un libro che si presenta come un ampio reportage storico e geografico, che abbraccia, visivamente, molti dei luoghi anche poco conosciuti di questa Terra, che allarga la mente facendoti considerare attraverso suggestive immagini il vissuto, anche gramo, di tanti uomini e donne impegnati a costruire un mondo sognato migliore ponendo qua e là interrogativi non banali che ben si intrecciano con temi universali come lo sviluppo economicamente sostenibile e ambientalmente compatibile.
Per chi ama la fotografia e vuol riflettere sul presente senza riempirsi troppo la testa di concetti astrusi potrà scorrerlo con piacere e gustarlo, possibilmente, con la necessaria lentezza; quella che stiamo un po’ tutti perdendo.