Pietro Trabucchi – Corbaccio Editore
Un testo ben documentato, scientifico sulla motivazione supportato da esperienze vissute dall’autore stesso in situazioni estreme. E nel mondo del podismo, di cui si occupa questo sito, ogni runner sa quanto si importante la motivazione per perseguire qualsiasi obiettivo competitivo e non. Ovviamente il libro di Trabucchi, ultimo della sua provvisoria trilogia, non è dedicato solo allo sport in quanto i suoi consigli possono essere estesi ad ogni campo dell’agire umano. Qui ci occuperemo
di capire come questo libro possa trasmettere ed essere utile allo sportivo, al podista in particolare.
La motivazione viene definita dall’autore “l’arma segreta” della specie umana collocandola, quando diventa automotivazione, quindi priva di stimoli esterni, come quella dotata di maggior qualità ed efficacia e connotata come “resiliente”(*) soprattutto se provvista della dote di durare nel tempo a dispetto di avversità, cambiamenti, ripetitività ed eventuale noia, senza farsi attrarre dal facile obiettivo del “tutto e subito”. Poco importante e con un ruolo secondario viene considerata la figura del motivatore ossia chi dovrebbe trasmettere la motivazione ad altri; l’Autore gli ritaglia un compito davvero modesto limitato “ad evitare che l’automotivazione non si spenga nelle persone” o impegnato nella difficilissima arte di seminare passione negli altri (ruolo del “giardiniere”).
La prima buona notizia riguarda la possibilità d’allenare la motivazione per indurla a compiere attività programmate senza la necessità di gratificazioni esterne. La seconda fa piazza pulita di un mito in circolazione tra i più: si possono ottenere risultati importanti pur non possedendo talento a patto di allenare a dovere il “muscolo della volontà” quella corteccia prefrontale del cervello evitando in tal modo il rischio della atrofizzazione. Sono tre le componenti che vengono individuate per praticare un allenamento caratterizzato da disciplina: a) saper rimandare la gratificazione per essere in grado di inseguire mete lontane nel tempo b) la capacità di ipervinvestire in termini di sforzo e impegno per essere in grado di gestire la fatica in modo molto più efficiente rispetto a quella di altri animali c) regolare in modo molto precisa l’attenzione.
Vengono poi, opportunatamente, individuati al capitolo settimo, forse il
più ricco d’indicazioni per chi vuole allenare la propria motivazione alcuni comportamenti tipo: compiere azioni (nello specifico podistico effettuare allenamenti e prove agonistiche) con “consapevole desiderio e attenzione”, coltivare la cosiddetta intenzionalità definito un atteggiamento mentale focalizzato sul piacere dell’impegno e la ricerca della perfezione evitando dubbi, pensieri di fallimento ed inefficacia, supportare la resilienza autoimponendosi condizioni di gioco più difficili (ho subito pensato al grande Zatopek che si allenava con gli scarponi militari per volare poi sulla pista con le scarpette chiodate), evitare di coccolarsi nella propria area comfort dove ci si trova a proprio agio fisico e mentale in quanto, in qualche misura, lo stress è necessario in quanto portatore di stimoli che mettono alla prova l’atleta , praticare sport o altra attività dandosi obiettivi “ben settati” sfidanti ma raggiungibili” misurando sempre le proprie prestazioni…
Seguono poi altre direttive: affrontare con curiosità ed interesse quanto si intraprende per non avere difficoltà a rimanere concentrati, usare attività noiose e compiti lavorativi sfidanti per allenare l’attenzione, essere meno passivi nell’uso di tecnologie digitali dandosi precisi limiti di utilizzo, disconnettersi quando è possibile come fanno gli atleti della squadra olimpica norvegese di fondo che eliminano dalla loro vita il cellulare tre giorni prima delle gare, cercare il costante contatto con le sensazioni del corpo, leggere un libro ogni volta che è possibile (tecnica già seguita in passato da parecchi allenatori di atletica del nord europa ed anche dal celebre Cerutty coach di quel fantastico mezzofondista australiano Elliot che prescrivevano ai propri atleti la lettura di buoni libri e l’ascolto di musica classica.
Il finale del libro con il racconto sulla ricerca della perfezione dedicato in memoria di Naomi Uemura un alpinista giapponese di levatura mondiale scomparso nel 1984 durante un’ascensione sul monte Denali (Alaska) non esito a definirlo un vero saggio con i requisiti del capolavoro dove vengono richiamati con abilità concetti trattati nelle pagine precedenti con competenza scientifica. Un finale che a mio giudizio vale il libro.
( * ) Un aggettivo nonché il relativo sostantivo, resilienza, molto caro al Trabucchi che è forse stato il primo psicologo italiano a fornirne una definizione completa.
Vedi precedenti suoi testi “Perseverare è umano” e “Resisto dunque sono”.
Commenti di Pietro Cristini