Romanzo di Giuseppe Pedriali – Edizioni Garzanti
Londra 1908 – Bathurst (Australia) 2023

La storia spesso si ripete. Credo che molti di Voi ricordino un certo Dorando Pietri che nel 1908, alle Olimpiadi di Londra, cadde sfinito a pochi metri dal traguardo della maratona; fu aiutato a sollevarsi da terra ma venne squalificato pur avendo tagliato per primo il traguardo. L’episodio colpì sia il mondo sportivo e non sino al punto da interessare la Regina Alessandra che lo volle ricevere a palazzo per donargli una coppa “riparatrice” per la mancata vittoria olimpica.

  Nel febbraio 2023, mi imbatto in una notizia di cronaca sportiva che mi riporta al 1908. Siamo ai mondiali di cross femminili  e Letesenbet Gidey, detentrice del record mondiale di 5.000, 10.000 e mezza maratona, in testa dopo i 10 km di gara ai Mondiali di cross ai Bathurst, in Australia, collassa a pochi metri dalla vittoria. L’atleta si rialza e taglia il traguardo in quarta posizione, ma è sorretta da un volontario e per questo viene  squalificata come Dorando Pietri ben115 anni dopo.

  Ho preso spunto da due episodi simili nel contenuto seppur a distanza di oltre un secolo per inoltrarmi nella lettura del “Sogno del Maratoneta” che racconta la vita e le gesta sportive proprio di quel Dorando Pietri citato all’inizio. Un corridore dell’altro secolo che, da garzone di pasticceria, diventa, col tempo, un podista apprezzato in tutto il mondo per le sue innumerevoli vittorie in campo podistico. 

Il romanzo- racconto narra ascesa, splendore e miserabile fine di un glorioso atleta della periferia italiana, Carpi. Ma andiamo con ordine. Dorando comincia a farsi notare proprio nella sua città, giungendo, fuori gara, al traguardo insieme a Pagliani Pericle, l’atleta numero uno del momento con una cesta sulla testa. Da quel giorno inizia un’ascesa inarrestabile. Non diventa subito professionista per non essere escluso dalla maratona delle Olimpiadi che ritiene la più importante di tutte le corse. Nel 1905 è campione dell’Alta Italia e vince anche la Maratona di Parigi. Lui nato a Mandrio, cresciuto a polenta e saracche, viene designato dall’Italia a partecipare alla olimpica maratona di Londra del 1908.  Da atleta, espressione di un primitivo mondo contadino, comincia a nutrire qualche dubbio di poter battere inglesi e americani cresciuti a bistecche e pillole di vitamine. In gara, però,  si libera di tutti gli avversari, anche i più accreditati, e si avvia al White City Stadium in prima posizione. Poi la tragedia. Le gambe si piegano improvvisamente, barcolla; percorre una dozzina di metri. Cade. Si rialza da solo. Fa altri cento metri e ricade. Volonterosi lo aiutano a rialzarsi taglia il traguardo sotto gli occhi di 75.000 spettatori. Viene inesorabilmente squalificato in seguito al ricorso della squadra americana anche se i giornali londinesi lo considerano vincitore morale della maratona. 

Dopo Londra salpa verso l’America accompagnato dal fratello Ulpiano che diventa suo manager. A bordo della nave, la Kronprinzessin, ogni mattina, sotto lo sguardo di curiosi e sorpresi passeggeri, si allena su di   un percorso studiato dal capitano. Lo attende in America la sfida con Hayes, il vincitore della maratona olimpica.

Negli States lo sport e le individualità sportive sono tenute in grande considerazione e Dorando viene accolto con grande entusiasmo dagli americani anche se dovrà sfidare un loro beniamino quel Hayes il legale vincitore della maratona di Londra. E’ atleta onesto e non accetta la combine proposta da un losco personaggio, certo Mister Greco, che lo vorrebbe perdente nel primo confronto per poter, successivamente, organizzare altri meetings. Lui vuol correre in modo leale e concorda con il suo rivale di disputare una gara senza trucchi. 

Al Medison Square Garden, alla presenza del Presidente degli Stati Uniti vince con mezzo giro di vantaggio su Hayes col tempo di 2h 44’ 20” undici minuti in meno di quello  registrare dal vincitore della maratona olimpica. Seguono altre sfide sul territorio americano come quella con Longboat l’atleta pellerossa che, però, non riesce a battere. Raccoglie successi  misurandosi con personaggi in vista del podismo mondiale finendo per incassare un bel po’ di soldi e coprendosi di altra gloria. Non appena raggiunge la tranquillità economica sposa Teresa il suo amore sin da ragazzino. Il fisico, però, comincia a mostrare i segni di una intensa attività atletica stressante: il cuore, in particolare, comincia a fare le bizze o, come dice Lui, fa scherzi. La diagnosi del Prof Murri, un vero luminare, conferma le difficoltà cardiache che si concretizza con un perentorio invito: “Devi smettere di correre, il tuo cuore è deformato”. Dorando preferisce non ascoltare la voce della scienza e si affida alla saggezza della natura facendosi ispirare dalla “voce dei pioppi” che gli sussurra: “ Corri Dorando, corri”.

Riparte per l’America nuovamente in cerca di gloria nel 1910: prima nel Nord e , poi, nel Sud, Rifiuta una consistente offerta economica , in disaccordo con suo fratello, per correre una maratona a Berlino riservata ad atleti professionisti. Preferisce volare a Goteborg ove soccomberà all’atleta locale Gosta Ljungstrom. Con i soldi guadagnati con la corsa, compra in società con suo fratello un albergo a Carpi arredandolo con cura ed eleganza. L’investimento si rivelerà sbagliato: in città non transitano più i clienti facoltosi di un tempo e, così, l’albergo viene chiuso e, successivamente venduto.

Il momento è davvero difficile per Dorando: è in balia della guerra anche se riesce a farsi esonerare proprio per via del cuore malandato, del fallimento economico e del dolore al petto sempre più insistente. Deve, inoltre, convivere con un ambiente sociale dove il fascismo detta legge cercando di coinvolgerlo per via della sua notorietà. Finirà per gestire un’azienda di taxi ma fatica a sopravvivere. Poi la fine, ingloriosa di un  grande e semplice uomo che ha scritto pagine gloriose legate ad un podismo d’altri tempi.

Il libro è uno straordinario omaggio ad un atleta, un talento naturale nato per correre. Con le sue imprese atletiche è riuscito a farsi conoscere in tutto il mondo e far conoscere l’Italia al mondo. Una autentica icona il cui racconto di Giuseppe Pederiali, come scrive Giorgio Boatti sulla Stampa “è di felicissima scrittura, di straordinaria capacità nel far rivivere l’atmosfera che aleggia intorno a questa vita.”        


Pinerolo, 10 Marzo 2023