Nadia Cappai – Uni-Service Edizioni

Il salone del Libro di Torino, quest’anno caratterizzato da libri particolarmente legati al 150° anniversario dell’unità d’Italia, offre la possibilità di scoprire testi di nuovi autori, magari poco pubblicizzati, editi da case editrici minori, espressione di un’editoria quanto mai variegata e viva.
Proprio in uno degli stand minori, per via di quell’insopprimibile interesse per la corsa, quanto la concerne e per caso, ho potuto conoscere di persona l’autrice di “Si nasce senza ali”.
Quando ho avuto tra le mani il suo volume, di cui cercherò di presentare una minirecensione, sono subito stato colpito dall’immagine che caratterizzava la copertina: una giovane ragazza, con una falcata possente e distesa, in piena azione su una anonima pista di atletica leggera sicuramente impegnata in una corsa di velocità. Siccome la corsa è in qualche modo anche volo, quell’impercettibile momento in cui ci si stacca da terra con entrambi i piedi, ho pensato si trattasse di un libro di sport, della corsa proprio per via del titolo legato alle ali molto simile a quello del mitico Baldini “con le ali ai piedi”. L’Autrice si affrettava a precisare che la fotografia inserita come copertina non rappresentava il contenuto del libro. Nel mio intimo, però, continuavo a pensare che quell’immagine dinamica dovesse avere un qualche significato e rappresentasse pur qualcosa se era stata scelta per dare l’immagine al libro.
Con mia grande sorpresa, dopo averlo letto tutto d’un fiato, al sesto capitolo, quello finale, ho avuto la conferma di quanto l’intuizione fosse giusta. Ed è stata una piacevole sorpresa scoprire come il contatto e la pratica dell’atletica leggera presso lo stadio comunale di Torino, nella specialità della corsa di velocità per eccellenza, rappresenti non solo un finale inaspettato quanto la chiave di volta che riesce a scardinare la psicologia della giovane protagonista. Su quella pista rossa Marta, la piccola narratrice, scopre di essere capace di volare sia atleticamente quanto in quel cielo, metafora della vita, scrollandosi di dosso ciò che la teneva rinchiusa in un invisibile bozzolo ove custodiva tutto il suo breve ma complesso vissuto. Scopre di essere capace di vivere il presente, di affrontare con determinazione la realtà che in quel momento assumeva la forma di una gara di velocità.
Finalmente libera era riuscita a librarsi in alto come il suo amato papà Nanni le aveva raccomandato sin da piccola quando la teneva, amorevolmente, sulle proprie ginocchia: “bisogna salire lassù, con imprese eccezionali in cui si crede”.
Non mi soffermerò sulla trama di questa storia o “fiaba moderna” a seconda dei possibili punti di vista pur propendendo il sottoscritto per la seconda alternativa. Si, perché questo libro ci fa prendere contatto con “sentimenti genuini”, con le cose buone e semplici che danno sapore alla vita pur costellata da momenti di intensa sofferenza. Ci riporta a sensazioni che, sicuramente seppur in modi diversi, ciascuno di noi ha attraversato se ha avuto la fortuna di avere genitori, conoscenti, amici capaci di donare dei bei momenti e che, quando sono “rivisti” a distanza d’anni, sembrano escano da un libro di fiabe. Sotto questo punto di vista molti dei lettori potrebbero ritrovarsi in certe descrizioni dell’Autrice che, nel contempo, non dimentica d’innestare nel suo racconto alcune delle problematiche sociali di un’ Italia che, uscita con difficoltà dall’esperienza bellica, si apprestava ad affrontare quel periodo che, forse impropriamente venne, denominato “boom economico” a cavallo degli anni sessanta. Un periodo caratterizzato da possenti migrazioni di persone dal Sud al Nord (e non solo come si narra nel test) che non si rivelerà sempre accogliente ed in grado di venire incontro alle speranze di chi, spesso, aveva lasciato dietro di sé un passato difficile e gramo tale da suggerire alla protagonista, riferendosi al capoluogo piemontese, queste severe parole: “una città piena di promesse bugiarde che vomitava nel cielo veleno e nelle tasche degli uomini incantati dal luccichio delle lampade al neon, un po’ di denaro e tante, tante illusioni”.
Nonostante ci si imbatta di tanto in tanto in analisi crude, seppur veritiere, che potrebbero indurre ad un pessimismo anche motivato, questo racconto è costellato da descrizioni di personaggi ricchi di umanità e sensibilità, aperti ai problemi del prossimo e della società, di quadretti amicali e famigliari che potrebbero essere inseriti in un racconto per bambini da leggere accanto ad un caminetto, di sera. Almeno questa è la conclusione a cui sono giunto anche perché il linguaggio che accompagna le tante descrizioni di luoghi e persone, lo stile scorrevole ne rende piacevole la lettura.