Alex Geronazzo – Albatros Edizioni

Quanto suggerisce l’Autore in premessa, in particolare sul modo di disporsi nell’animo per gustare questa sua “prima fatica letteraria”, è quanto mai utile.
Immaginatevi quindi, per alcuni momenti, bambini, cullati dal racconto di un ideale anziano nonno in un contesto famigliare poco tecnologico ed adagiati in comode e vecchie poltrone accanto ad un caminetto acceso dove sta scoppiettando il fuoco.
Si, perché questo racconto di Alex per essere apprezzato necessita dello stato d’animo giusto: quello richiesto per ascoltare questa moderna favola, costellata di personaggi semplici, “amanti di un territorio delle ruvide Prealpi che caratterizzano Schievenin e Val di Prada” (cito FVendrame) sino a farsi attrarre in modo completo dal medesimo e risiedervi per sempre.
Il filo conduttore del testo è, ovviamente, la corsa e non potrebbe essere un altro visto il titolo del libro, Il corridore di mezza via, anche se tecnicamente “dalla corsa al nordicwalking” sarebbe stato più appropriato.
L’intento sembra essere non quello di spiegare questo passaggio, comunque esistente nell’evoluzione del protagonista, quanto immergersi in una serie di spaccati ricchi di umanità con inevitabili accenti autobiografici e con precisi riferimenti territoriali che celebrano la bellezza di luoghi a cui l’Autore è fortemente legato da sempre. Pino, questo il nome del narrante e protagonista, è un runner fino al midollo, quasi impossessato dal demone della corsa e, infatti, la sua vita ruota attorno ad essa. In gioventù vince, addirittura, un campionato su strada. Ha ben chiaro cosa succede nella mente di un qualsiasi podista quando si trova in difficoltà: “è offuscata dai fumi della fatica ed estremamente ballerina, basta un nonnulla per cambiare umore”.
Si definisce proprio come il titolo: un corridore di mezza via lasciando al lettore la ricerca di una connotazione psicologica precisa. Personalmente propendo per un Pinorunner che vorrebbe andare più forte ma non può per cui si “accontenta” d’interpretare la classica via di mezzo, il prototipo di tanti corridori sgambettanti in giro per il pianeta sballottati tra incrollabile forza agonistica interiore e mezzi fisici limitati, generosi, sempre presenti ad ogni gara o garetta, insomma appartenenti al popolo dei tapascioni controvoglia. Questa interpretazione mi sembra prenda corpo al susseguirsi delle pagine quando il buon Pino si colloca tecnicamente tra il suo amico Benito che viaggia a quattro minuti al chilometro e Giacomo, altro suo rivale di corsa in montagna, con la passione per la storia, attestato a 5 al km.
Pino, poi, ha un difetto tecnico incredibile: si distrae durante la corsa, si lascia rapire dalle bellezze paesaggistiche, riesce persino a sognare facendo fatica a racappezzarsi ove si trova. Un personaggio sicuramente autentico che, attraverso il suo amore per la corsa, intreccia legami d’amicizia con altri runners e le rispettive consorti. Un’amicizia che si nutre di generosa ospitalità ,di disponibilità a farsi guida nell’esplorazione di un territorio che attrae e conquista tutti i personaggi, che li spinge ad abbandonare le rispettive città d’origine ormai contaminate da un inquinamento urbano crescente, che li porta a conoscere luoghi “sereni come la gente che vi abita”.
Così accompagnati dalle rispettive “dolci metà” si avventurano, addirittura fuori porta, a misurarsi in trail, corse in montagna e lunghi allenamenti con risultati tecnici più vicini al grado “penoso” che “decente”. Ma questo poco importa perché in questo perenne girovagare si cementa un’unità fra due mondi: quello maschile e quello femminile rigidamente separati nel resto del racconto.
Comunque il personaggio più avvincente rimane il Pino, coraggioso ex passista che per “amore del territorio” cambia la sua natura di runner trasformandosi in un frequentatore d’impervi sentieri di montagna, cimentandosi in gare ove anche il grande Fregona accorcia il passo, braccato dal bresciano Giacomo, addirittura sorpassato e graziato da un benevolo ricongiungimento, che vorrebbe farsi adottare come nonno dal nipote di Giacomo con cui tesse un rapporto umano particolarmente stretto ed autentico. In questo modello di “corridore di mezza via” possono rispecchiarsi parecchi di quei runners oltre la quarantina, ricchi di chilometri nelle gambe, che cominciano ad avvertire certi fastidi, piccoli o grandi scricchiolii delle giunture, i primi mal di schiena. Lui ,Pino, pensionato ha la piena consapevolezza di questo “disfacimento fisico” e la fortuna d’incontrare un saggio che lo consiglia di “tener duro”, di continuare a esplorare il territorio con altre due gambe: le magiche racchette del nordwalking. E Lui ascolta le parole di questo montanaro infervorandosi a tal punto da partecipare ad un meeting internazionale dove trascina anche gli altri suoi amici, compreso Jonathan ed ove conosce il suo attuale maestro di specialità, curiosamente di nome Pino.
Un bel percorso di vita che si conclude in alto, su di una vetta dove dimora il Cristo in atteggiamento pensante…
Ed è proprio la fine del racconto anche se, come poeticamente conclude Pino: “questa fine oramai è scritta ma la corsa continua.”
Un racconto o, meglio una serie di racconti tenuti insieme dal filo conduttore, come detto, della corsa che non solo metaforicamente ha la capacità di unire persone anche molto diverse tra loro, di renderle simili anche se magari in gara si sentono avversari. Le continue e minute descrizioni dei luoghi aiutano a capire quanto l’autore ami profondamente la sua terra e la gente che vi abita. Qua e là sembra mancare di coesione, di un amalgama convincente anche se non sempre il filo di una vita procede lineare preferendo presentarsi spezzettato, apparentemente senza legami con il passato ed il presente, a volte contraddittorio. Le espressioni linguistiche sono talora fuori dall’usuale, particolari pur riuscendo a dare l’idea di quanto sta succedendo fra le pagine.
Ed ora preso atto che “la corsa continua” in forme diverse, che continuerà con
personaggi differenti attendiamo, con pazienza, il racconto di quest’altra corsa, quella che visiterà il futuro, anche a quattro gambe, simulando una “gattonatura infantile” suscettibile di diventare adulta, più matura, sublime…